Quanti rischi corrono i nostri bambini mentre si dondolano sull’altalena o si arrampicano sullo scivolo?
Intervista di Anna Petrazzuolo
Come nasce il suo interesse per le tematiche della sicurezza?
Da quando mi sono laureato, mi sono sempre occupato di sicurezza nell’ambito della mia attività professionale di ingegnere. Credo che questo interesse sia maturato negli anni dell’università, in particolare durante le esperienze di studio all’estero; lì già si parlava di “cultura della sicurezza” sia nelle aule universitarie che nelle aziende dove praticavo tirocinio, ed è stato facile e naturale per me comprenderne l’importanza non solo nel contesto lavorativo ma anche, più in generale, nelle azioni quotidiane.
Cosa l’ha spinta a trasferire tutto questo sul piano della trattazione divulgativa?
Effettivamente l’idea è nata un po’ per gioco. Da sempre cerco di rendere piacevoli e interessanti le mie lezioni sui temi della sicurezza adottando toni diretti e colloquiali, ricchi di esempi e riferimenti alla quotidianità, evitando i soliti sermoni e la consueta lettura inespressiva di slides sul D.Lgs. 81/08; e più volte i miei studenti mi hanno sollecitato a raccontare in un libro quello che spiego ai corsi. Così un bel giorno mi sono messo a scrivere, cercando di riportare anche i numerosi aneddoti che ho sempre usato durante le mie lezioni. L’idea di base è che se conosci qualcosa di più rispetto agli altri, è più utile divulgarla che tenerla per sé; è bello trasferire agli altri le proprie conoscenze, specie se si tratta di conoscenze utili.
Dopo aver esplorato nei due saggi precedenti ambiti che appartengono agli adulti, stavolta con Pericolosamente suppergiù sicuri mette a fuoco il mondo dell’infanzia. Ha colmato una lacuna?
In effetti sono stato indeciso fino all’ultimo sul tema di questo terzo libro. La collana è nata con l’intento di creare un approccio differente rispetto al solito iter normativo intorno al tema sicurezza a 360 gradi, attraverso una serie di libri fondamentalmente narrativi. E ogni testo avrebbe rappresentato e illustrato una problematica diversa, quindi prima la percezione del rischio e la formazione, poi la gestione delle emergenze. Ora parlare dei parchi giochi significa certamente avvicinarsi al mondo dei bambini, ma questo non esclude in alcun modo gli adulti. Infatti in ogni pagina convivono sempre attore e spettatore, grandi e piccini con due percezioni del rischio, ciascuna legata a una maturità e una consapevolezza ben determinate.
A chi si rivolge questo nuovo libro?
Così come i precedenti, questo libro è rivolto a un’ampia platea, che comprende tecnici, esperti in materia, semplici curiosi e, ovviamente, si estende a genitori, nonni, insegnanti, baby sitter e a quanti per lavoro o per diletto hanno a che fare con i bambini o i parchi giochi. È un libro che usa un linguaggio semplice, adatto a tutti, per farci scoprire quali pericoli si celano dietro oggetti e attività apparentemente sicure.
Quanto pericolo c’è nel gioco?
Un gioco progettato bene, secondo la buona norma, e quindi “perfettamente sicuro” dal punto di vista tecnico, può diventare “potenzialmente pericoloso” per un semplice dettaglio: il fattore umano. Chiaramente se anche la costruzione è difettosa, il pericolo è dietro l’angolo.
Cosa si può fare in termini di prevenzione?
Si può fare tantissimo a livello di prevenzione, anche comprare il mio libro e leggerlo attentamente è una misura di prevenzione! A parte gli scherzi, penso che quando si parla di prevenzione non dobbiamo pensare solo ai rischi più probabili, ma guardare anche a tutti quegli aspetti spesso non considerati perché non frequenti. Si deve sempre partire da questi aspetti per fare prevenzione in modo serio.
A proposito di normativa, a che punto siamo in Italia e quali differenze si registrano rispetto agli altri paesi europei?
Di fatto l’unica normativa vigente in materia è quella europea. In Italia purtroppo è difficile fare rispettare una norma tecnica se non è chiaramente cogente e troppo spesso si aspetta l’infortunio o l’incidente mortale per cercare il colpevole o per affermare che esiste una normativa tecnica che non è stata seguita nella sua completezza. In molti paesi europei dove esiste una maggiore consapevolezza del rischio, invece, dove non arriva la legge, arrivano i comportamenti guidati da una cultura della sicurezza più sviluppata.
Divertimento e sicurezza: un binomio impossibile?
Assolutamente no. Il binomio è bellissimo e interessante; una bella sfida. A volte divertirsi per un bambino significa eludere la sicurezza, sperimentare e ricercare il rischio. Il compito di un adulto è quello di vigilare e di insegnare ai bambini a giocare insieme e in modo corretto, senza cercare rischi eccessivi; di capire quali possono essere le fonti di rischio più pericolose, anche se poco probabili. Il binomio è dunque possibile ma ognuno, adulto e bambino, deve fare la propria parte.
Il libro ha un partner molto speciale con il quale condivide un progetto benefico.
Sì. Negli ultimi mesi ho vissuto un’esperienza bellissima; con lo staff del mio studio abbiamo avuto l’incarico di progettare una struttura per la missione di un istituto religioso, in un piccolo paese nel sud della Nigeria. Inizialmente il progetto prevedeva soltanto la realizzazione della casa per le religiose e di un piccolo ospedale dove far nascere i bambini. Poi, una volta trovato il terreno, con l’entusiasmo e il supporto che pian piano crescevano intorno al progetto, sia in Italia che in Nigeria, si è immaginato di poter creare una struttura più grande, che prevedesse anche un asilo e una piccola scuola. Durante i miei viaggi in Africa ho toccato con mano cosa vuol dire vivere in quei paesi, dove la nascita di un bambino è l’unica fonte di gioia e di speranza. Ho pensato così di contribuire al progetto con parte dei proventi del mio libro, e magari riuscire a regalare anche a quei bambini un bel parco giochi. Chiunque comprerà questo libro contribuirà al progetto “Ubakala” per #unavitachenasce #unavitachecresce.